0.1 Sergio e Caotino

 

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Caotino: Mi ricordo la prima volta che ti scrissi. Eri felice. Mi rispondesti che avevi ritrovato entusiasmo e stimoli per alimentare quella fiammella di cui accennavo prima. Ti racconto questa storia per analizzarla serenamente ed obiettivamente alla luce della teoria del caos [v. 1.1 e ss.], e del modo in cui tu individui una persona sana, una persona con predisposizione ad una patologia, una persona malata. [v. 3.1 e ss.]
Forse è più difficile analizzare ciò che riguarda la mente, perché seguendo i tuoi metodi d'indagine, non si hanno riscontri così incontrovertibili ed oggettivi, senza ombra di dubbio, come test fatti sul corpo al letto del malato (bed-side), come ami dire tu.


Sergio: In verità, la patologia mentale ha sempre un suo riscontro biologico, espresso nel rimodellamento microcircolatorio a livello cerebrale, e pertanto si può capire se c’è qualcosa che non va, magari in modo non troppo specifico, con l’aiuto della Semeiotica Biofisica![v. 3.1 e ss.]


C: Tra le applicazioni del caos alle patologie della psiche umana, c'è il caso emblematico della persona affetta da depressione: nel depresso accade un collassamento (saltuario, continuo, occasionale) da un ordine complesso ad un ordine inferiore, quindi dal caos ad un ciclo limite, o a un punto fisso, perché egli s’irrigidisce: è difficile dialogarci assieme, si chiude in un mondo da egli stesso generato, rigido, chiuso, per nulla o poco elastico e per nulla o poco flessibile, per cui, se si tenta di farlo ragionare, ripete alla lunga più o meno sempre le stesse cose e le stesse frasi. Analogo discorso si può fare per le persone affette da autismo. [v. 1.12]


S: Perfettamente! Nell’autismo ho visto il rimodellamento microcircolatorio intenso, diffuso, interessante tutti i lobi cerebrali. [v. 3.1 e ss.]


C: La vita e le pressioni purtroppo possono portare a situazioni del genere, e occorre avere l'umiltà di ammetterlo: non possiamo essere sempre così stabili e robusti, od avere quella divina armonia tra stabilità e in-stabilità, per poter ammortizzare ogni colpo, o per assorbire ogni modificazione ambientale (come nel caso della rete immunitaria fisica) in modo tale che ciò che entra nel nostro sistema venga metabolizzato, inserito, auto-regolato, così che il nostro sistema si ri-organizzi mantenendo un bell'equilibrio complesso (e caotico). Del resto siamo un oceano di sistemi caotici che interagiscono tra loro, è davvero meraviglioso comprendere come avvengano queste continue armonizzazioni a tutti i livelli dentro e fuori di noi. In questa storia l'alterazione profonda del rapporto con la realtà è evidente e ben sottolineata. Ci fu perdita di contatto con il mondo esterno, nel senso che la mente decise di sopravvivere. L'autopoiesi [v. 3.3] e l'istinto di sopravvivenza lo aiutarono, non so per quale meccanismo, ma senz'altro per una ragione che va oltre il pensiero cosciente e razionale. Credo egli abbia ricevuto assistenza superiore, agendo come guidato da forze sia interne (e sconosciute, non essendosi mai trovato in una situazione simile in precedenza), sia esterne, perché era una situazione al bivio, c'era il forte rischio di impazzire. Mai si finisce di conoscere se stessi. Fu però una perdita di contatto transitoria, un po’ come quando nella transizione da un ordine complesso ad un altro si attraversano finestre di stabilità: un ordine complesso (l’ordine “mente umana”, il sistema cognitivo, la complessa psicologia interiore) si rompe, c'è una rottura di equilibrio, di struttura, e questo non significa che automaticamente collassi ad un ordine inferiore (ad esempio nella depressione) [v. 1.12]. Infatti, non collassò, bensì mutò verso un nuovo ordine, un ordine complesso in cui non c'era più aderenza alla normale realtà; si assistette invece ad un tuffo dentro un mondo "surreale". Questo nuovo ordine, mai conosciuto prima, sorse forse per obbedire ad un istinto di sopravvivenza, come quando ci troviamo davanti ad un bivio: mi butto in mare o mi lascio travolgere dal fuoco? Si è trattato quindi presumibilmente di un'emergenza, sia nei termini usuali dei termini, sia per il senso che si dà alla parola "emergenza" nei sistemi non-lineari con dinamiche complesse. [v. 1.4, 1.10, 1.11]


S: Un esempio biologico della storia naturale di una dinamica complessa.


C: Si trattò di un'emergenza necessaria, con segnali premonitori ed indicatori pure delle conseguenze, volendo vedere il tutto dall'alto, come un osservatore che coglie tutte le minime
sfaccettature: il "desiderio" di essere ricoverato per ricevere affetto ed attenzione si materializzò il giorno seguente. Il pensiero creativo disegnò uno schema che si concretizzò il giorno dopo: potenza del pensiero. Chiedete e vi sarà dato! Nel sottile umorismo di quest’affermazione forse c'è un fondo di verità: quel che pensiamo si materializza se lo vogliamo fortemente. [v. 3.3]


S: Mi ricordi il “Volli, sempre volli, fortissimamente volli!”.


C: Chiaro che non voleva essere ricoverato, ma i Disegni sopra la nostra testa sono notevolmente più grandi di noi, e spesso al momento non possiamo comprenderli, data la nostra limitata capacità di comprensione. [v. 4.1]


S: Ottima riflessione, a mio parere.


C: Per cui ciò che ci appare deleterio, negativo, opprimente, frustrante, ha sempre una sua ragion d'essere, e questo vale sempre, nella vita, nella morte non solo nostra, ma dei nostri cari, ecc., nella fortuna e nella sfortuna intese in senso lato avendo escluso l’esistenza del caso (chiaro tali sono modi grossolani di spiegarsi).


S: Ti comprendo e spiego il perché veramente “Dio non gioca a dadi!”, nel senso che il tutto è
ordinato secondo ordini di ben diverso statuto ontologico che l’uomo non sempre può capire.


C: Per cui da parte sua c'è un profondo spirito di accettazione e ringraziamento per quanto gli è successo: è stato un magnifico dono, nel quadro del suo processo evolutivo.


S: Condivido.


C: Accetta e ringrazia pure il sistema medico, che magari emotivamente vorrebbe criticare profondamente.


S: Ed io aggiungo in modo fondato.


C: Del resto gli psicofarmaci oltre ad essere così frustranti a livello psico-fisico, portano l'individuo a diventare lineare, o comunque periodico, rompono ogni splendida meravigliosa caoticità a livello mentale; è difficile comprendere la loro funzione curativa. Probabilmente hanno la funzione di eliminare un pericolo sociale, di farlo star buono, innocuo, inoffensivo, inibendolo: è una forma sottile di prigione. Mettendolo in prigione, forse non gli avrebbero mortificato così la mente. Molto interessante a riguardo è il tuo articolo: “Semeiotica Biofisica e crisi del rapporto medico – paziente”

[v. http://www.ilpungolo.com/leggi-tutto.asp?IDS=13&NWS=NWS4030 ]

E' bella la tua espressione: se non amiamo, moriamo lentamente.


S: E’ così: in tutta la storia, ricchissima di significati, il Deus ex Machina è ancora e sempre l’amore, definito da Vincenzo da Lerines (V sec.) sublimazione della Conoscenza. [v. 4.1 e ss.] Amore di tutti i tuoi familiari (quanto avranno sofferto: io nonno lo posso capire), compreso chi ha sofferto la decisione di rivolgersi ad un investigatore per accertarsi e proteggerlo. Amore tuo verso loro e verso il mondo.


C: E’ da sottolineare il ruolo di quella ragazza, perché se non lo avesse amato e coinvolto tanto, da ricordarsene come l'unico puntino di luce in un "mezzo" cerchio nero (hai presente il tai-chi?), probabilmente non ce l'avrebbe fatta a trasformare quel puntino bianco in un mezzo cerchio bianco (dove comunque per l'esistenza della vita è necessario un piccolo puntino nero in mezzo, nella dinamica meravigliosa di questo simbolo in continuo movimento). È tutto così legato, ed ogni giorno che passa aumenta la nostra comprensione. Ad esempio quest'esempio del tai-chi applicato a questo caso specifico, non mi era mai venuto in mente. Lo sai che ho la mente silenziosa (o quasi), per cui c'è una voce che parla per me (o che comunque parla in me), e cerco di mediarla senza far perdere qualità nel passaggio dall'ispirazione (organizzazione), alla materializzazione (pensiero, parola, scritto, azione). Facciamo parte di un immenso infinito eterno ologramma, vero? [v. 2.3]
Forse, pure i termini eterno ed infinito hanno senso solo nel nostro panorama concettuale, perché quell'ologramma, se potesse parlare, li comprenderebbe solo equiparandosi al nostro limitato livello di comprensione. Intanto noi continuiamo a camminare, il sagittario è il segno del movimento, e il movimento è fondamentale. Per uscire da quella situazione di linearità, di rigidità, c'era solo una via: il movimento (siamo sistemi dinamici complessi non-lineari in continuo movimento). [v. 1.1 e ss.] Non so se ne fosse stato consapevole, ma la rinascita ricominciò tornando a correre. La cognizione è un fenomeno biologico. Il sistema nervoso è un sistema biologico. Di conseguenza anche le patologie della mente si possono inserire nel contesto: caos - situazione fisiologica, ciclo limite – evoluzione verso la patologia, punto fisso – patologia cronica o acuta. [v. 3.1 e ss.] A questo punto, in via generale, sorgono alcuni quesiti: É sempre vero che una qualsiasi patologia di un essere umano comporta una perdita di complessità (ovvero osservabile e misurabile oggettivamente per mezzo della dimensione frattalica)?


S: Certamente!


C: Se la patologia venisse diagnosticata, e ciò implicherebbe intrinsecamente una diminuzione di "caoticità" da qualche parte, su quali parametri oggettivi si baserebbe, se fosse inquadrata tra le patologie mentali?


S: Ho detto sopra che nei microvasi cerebrali il rimodellamento microvascolare è indizio di patologia nel locale parenchima, secondo la mia teoria dell’Angiobiopatia.
[V. http://www.ilpungolo.com/ilpungolo-pdf.asp?NWS=NWS5609]


C: E se la risposta alla domanda precedente fosse di carattere soggettivo (e quindi non ci fossero parametri oggettivi incontrovertibili di riferimento), e dipendesse quindi dal grado (e qualità) di preparazione, conoscenza, professionalità e comprensione dell'osservatore, come potrebbe (anche in caso di massimo grado e qualità) avere carattere di scientificità (e verità scientifica)?


S: Si può quantificare e monitorare.


C: E se ci fosse soggettività, in qualche misura ci sarebbe discrezionalità, perché la valutazione di osservatori diversi potrebbe essere diversa sullo stesso caso clinico specifico esaminato al medesimo istante temporale. Non occorre forse rimettere in discussione la diagnostica di questi casi, e pensare magari ad una semeiotica biofisica che dia responsi oggettivi basati ad esempio sulla dimensione frattalica?


S: Intanto soggettività versus oggettività appartengono al mondo della fisica classica e non al mio e tuo: la “Res cogitans” è al contempo “Res cogitata” e viceversa. La Semeiotica Biofisica permetterà, nonostante l’apparenza di soggettività, di superare i confini di una riduttiva visione del mondo dalle ore contate.


C: Certo occorrerebbe pensare a quali test fare, come misurarla, in base a cosa. Ad esempio Varela riscontra grazie all'aiuto dell'EEG le connessioni a livello neuronale e le strutture caotiche nel momento del riconoscimento di una figura di donna in bianco e nero. Non potrebbe essere ciò uno stimolo per una diagnostica e per una semeiotica applicata alle patologie mentali?
[http://brainimaging.waisman.wisc.edu/~lutz/VarelaHommage_Biological_research_2003.pdf]
Parlavo tempo fa con un amico psicologo che lavorò per un periodo con persone con problemi mentali. Mi diceva che non è sempre vero che sono malati. Chi sente voci, o suoni, o ha visioni, o comunque capacità medianiche inconsuete e anormali (qui sarebbe da aprire un discorso ampio sul concetto di normalità e a-normalità), semplicemente genera un mondo che non è compreso dal conformismo sociale e dai suoi schemi e modelli normali ed usuali, perciò è bollato come malato e da curare. Non essendoci conformità, si pensa: c'è anomalia, alterazione, patologia.


S: Esatto.


C: Parlando però lui con loro, conquistando la loro confidenza e rispetto (e non è facile, perché per come vengono trattati è chiaro che non si confidano con chiunque, chiudendosi sempre più in loro stessi dato il modo con il quale vengono "violentati" e qui si ritorna al rapporto medico-paziente, e al discorso soggetto-oggetto) essi svelano i loro mondi, complessi, magnifici, magari insoliti, ma splendidamente caotici, creativi, certamente diversi dai nostri, ma forse qualitativamente ancor più interessanti dal punto di vista informativo.


S: In breve, gli “Out-Standing Scientists” - come chi scrive – secondo i biografi americani, sono visti con sospetto.


C: Egli mi diceva che c'è qualcosa che non funziona a livello di diagnosi e terapia. Lo guardavo e sorridevo, annuendo, ma non aggiungendo altro. Avrei voluto raccontargli una storia…


S: Io penso che la tua storia abbia un valore educativo tale da essere nota al vastissimo pubblico sperando che comprenda che “Ci sono mille soli oltre le nuvole che ci aspettano” (Proverbio indiano!).


C: Eccome se lo capivo, ci sono passato in prima persona!
Purtroppo non si capiscono queste cose, certe persone vengono rinchiuse per tutta la vita, vengono emarginate, sono senza via di uscita, e per tenerle buone si "linearizzano" con i farmaci, si "tenta" di linearizzarle (ma nel loro cuore il germe caotico potrebbe esserci sempre, potrebbero sempre essere salvate). [v. 1.1 e ss.; http://digilander.libero.it/caotino/] Io credo sia possibile suggerire un approccio diverso, non solo a livello di semeiotica, di prevenzione e di diagnosi, ma pure a livello terapeutico. Devono esserci o si devono trovare delle terapie alternative!


S: Tu mi racconti la tua esemplare disavventura terrena: ma io in essa vedo il segno della Divina Provvidenza. Anche tu, come lui-uomo, pieno di Fede nel Padre nonostante umani dubbi (“Padre, Padre, perché mi hai abbandonato!”), hai salito dignitosamente e fiduciosamente il tuo Golgota ed hai vinto la Morte (le tenebre della Ignoranza). Ricorda “Lentamente muore” o “Inno alla vita” di Medeiros!


Inno alla Vita


Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.


Martha Medeiros

 

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