1.2 Il caffè che ti cambia la vita 

 

Ci vuole un caos dentro di sé per generare una stella danzante.

F. Nietzche

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Ora, apri gli occhi e guardati intorno. Cosa vedi? Una tastiera, uno schermo, finestre, porte, muri, soffitto, il pavimento, quadri, penne, forbici, fogli, balconi, tende, libri, telefoni, sedie, orologi, strade, case, palazzi, lampioni, strisce pedonali. Traduzione: linee, cerchi, quadrati, triangoli, sfere, cubi, parallelepipedi. Stiamo dentro un mondo di parallelepipedi, ciò che ci circonda, costruito dall’uomo, è un mero ambiente lineare, statico, viviamo dentro una geometria euclidea, dentro una presa in giro. La natura dov’e’ finita? Sta lì, in tutta la sua armonia di forme, colori, profumi, impercettibili mutamenti. E le sue forme sono non euclidee, non linee, non lineari. E mutano, lentamente magari, quasi non ce ne si accorge (anzi, sovente non ce ne accorgiamo proprio). La natura che tutto contiene, e a cui apparteniamo essendone parte integrante, è dinamica e non lineare. Contiene persino il mondo lineare, statico, opera umana, perché le case poggiano sulla terra, le navi vanno sul mare, respiriamo l’aria, e ci scaldiamo al fuoco del sole. E’ quindi chiaro che la linea è un’eccezione della non linea, una singolarità, un evento innaturale, probabile ma raro, e la statiticità è una fotografia, un istante già morto nel film della vita, nella vita di ogni essere o forma, animata o non. Nell’inverno del 1961 nel Massachusetts, un meteorologo di nome Edward Lorenz stava lavorando ad un modello sulle previsioni del tempo con l’ausilio di un rudimentale calcolatore elettronico. Era un modello di equazioni non lineari e conteneva relazioni tra grandezze fisiche come ad esempio il rapporto tra temperatura e pressione, al fine di studiare l’andamento di alcuni venti. Un bel giorno accadde che a Edward venne voglia di prendersi un caffè. Per accelerare l’elaborazione dei dati (a quel tempo i computer erano un sacco più lenti di quelli di oggi, molto meno potenti, insomma…poco più che macinini) operò un troncamento di alcuni decimali dopo la virgola, considerandone solo tre anziché sei, dando luogo così ad un arrotondamento (l’approssimazione veniva giudicata, in tal modo, irrilevante). Dev’essere stato il caffè più buono che abbia mai bevuto. Ritornato al suo studio infatti osservò qualcosa di apparentemente inspiegabile: l’arrotondamento ebbe un effetto catastrofico. Per capire una delle scoperte più sconvolgenti di questo secolo prendi un foglio bianco (o giallo o viola o fuxia, perché no?) e una matita (meglio se HB). Metti il foglio in posizione orizzontale davanti a te e comincia a tracciare istintivamente una linea (con alti, bassi, picchi, gobbe, come vuoi) dal margine sinistro fino al margine destro del rettangolo di carta. Ora torna al margine sinistro e parti leggermente più in alto (o più in basso) del punto di partenza precedente, e cerca di disegnare una linea parallela alla precedente. Lorenz, prima di andare a bersi il caffè, si aspettava esattamente questo. Tagliando 3 decimali, la linea approssimata avrebbe dovuto seguire pari pari quella con più decimali, esattamente come hai disegnato (o visualizzato). Ed invece fu un caffè ricco di sorprese. Dopo la pausa, Lorenz trova sul suo foglio le due linee che corrono parallele per un po’ di tempo, poi piano piano si distanziano, e successivamente diventano talmente lontane l’una dall’altra da non avere più niente in comune. Era l’alba del caos. Fino a quel momento erano ben radicate alcune credenze, come quella per la quale piccoli spostamenti producono piccoli mutamenti nel tempo, ovvero grandi variazioni generano grandi mutamenti. Da quel momento in poi non fu più così. Piccole variazioni, piccole perturbazioni, possono produrre grandi mutamenti col tempo. Metaforicamente (ma non è poi tanto una metafora) ciò viene rappresentato con l’effetto farfalla: una farfalla che sbatte le ali sul Golfo del Messico produce un piccolo spostamento d’aria e dà inizio ad una catena di reazioni che può provocare una tempesta in Siberia a distanza di poche settimane. Tecnicamente questa peculiarità viene chiamata dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali. A questo punto è opportuno fermarsi un attimo. Forse conviene lasciare che scenda il silenzio. Qualcosa di piccolo, apparentemente insignificante, trascurabile, può produrre grandi sconvolgimenti? Sarà mica una barzelletta? A volte abbiamo dei piccoli grandi tesori davanti e nemmeno ce ne accorgiamo. La scoperta di Lorenz ha implicazioni sensazionali. Restando nel meteo, le previsioni del tempo sono possibili solo per pochi giorni, per quanto accurate siano le misurazioni, gli elementi considerati e i modelli impiegati (questo fatto dell’imprevedibilità o prevedibilità solo nel breve periodo forse meriterà un approfondimento..). In secondo luogo (o in primo, o in terzo, fa lo stesso) niente è trascurabile, tutto ha un significato, un rilievo, un’importanza, non c’è qualcosa dentro e qualcosa da lasciare fuori della porta.  Fino a Lorenz il mondo era solo parallelepipedi, e le incrostazioni erano incidenti di percorso. Le superfici tutte belle lisce, i canali di irrigazione tutti belli dritti, niente a che vedere con la bellezza delle traiettorie che disegna un ruscello di montagna, poi torrente, poi fiume.  Il mondo era (e per moltissimi lo è ancora) una geometria surreale, asetticamente perfetta, lineare, prevedibile, controllabile, direzionabile, confezionabile in serie, statica, rigida, ferma, immobile. Tutto ciò che rompe/va quest’idea era/è emarginato, considerato casuale, transitorio, irrilevante, trascurabile, frutto di pazzia, insensatezza, irrazionalità, un qualcosa fuori dal sistema. Il caffè di Lorenz rompe tutti gli schemi, le credenze, le false certezze. Tutto è importante, tutto ha un significato, niente si può accantonare, abbandonare, lasciare fuori. Mentre prima il mondo era uguale a un parallelepipedo bello, liscio, solido, uniforme, e ogni sua crepa era solo un incidente di percorso frutto del caso, ora il mondo è un fiocco di neve che scende dal cielo e si modifica continuamente, ad ogni istante nella sua candida discesa, e interagisce con l’ambiente, con tutte le forze presenti nell’atmosfera, nell’aria, e così diventa unico, straordinariamente bello nella sua unicità e irregolarità, diverso da qualsiasi altro fiocco di neve, uno col tutto a coprire il suolo come un manto bianco. E i suoi buchi non sono errori, non sono incidenti di percorso, non sono frutto del caso, sono ciò che lo rende bello, sono la sua storia, istante dopo istante. Il caffè di Lorenz sbatte la porta in faccia al caso, a Euclide, alla razionalità, al tutto prevedibile, ai moralisti, alla causa-effetto, al destino già scritto, alle case tristemente perfette, in ordine, pulite, senza un dito di polvere, senza un oggetto fuori posto perché ancora non hanno conosciuto bambini. [v. 2.1, 2.2, 2.3]

 

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