1.8 Un fuor-pesce nell’acqua

 

Contro il torrente non devi lottare
Alla corrente ora lasciati andare
Una col fiume così vai sorridendo

Caotino

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Torniamo alla definizione iniziale: “il caos deterministico è il comportamento stocastico di un sistema deterministico". Che vuol dire stocastico? Che vuol dire deterministico? Un processo stocastico è un qualcosa che ha a che fare con le probabilità: lancio una moneta da cento lire (per chi ce l’ha ancora conservata a casa) e posso ottenere testa o croce. Ho una probabilità del 50% di testa e ugualmente 50% che esca croce. Tiro la moneta più volte ed ottengo una sequenza di risultati, come ad esempio: TTCTTTCTTCCCCTCTCTCCTTT.. (scrivo T per testa e C per croce). Questo è grossomodo un processo stocastico e la sequenza di T e C può essere pensata come una traiettoria. Una processo deterministico è invece una traiettoria disegnata da una legge matematica, precisa, deterministica. Ad esempio una legge che mi scrive una sequenza di numeri compresi tra 0 e 1 (0,2345; 0,7493; 0,23913; …). Dire che il caos è il comportamento stocastico di un processo deterministico, significa che una traiettoria derivante da una legge causale, matematica, deterministica diventa così irregolare, strana, impredicibile da sembrare casuale, probabilistica, stocastica. E non solo. Esistono delle situazioni per le quali non si riesce a distinguere se una nuvola di panna montata è stata creata da un processo deterministico (quindi da una legge precisa e matematica) oppure da un processo casuale stocastico. Causalità e casualità diventano due facce della stessa medaglia. Il caso, la casualità hanno un significato fino ad un certo livello di comprensione, poi svaniscono in una nuvola bianca. Allo stesso modo la causalità, la causa – effetto ha un senso fino ad un certo punto, poi si dissolve nel vapore acqueo. Causalità e casualità sono la stessa cosa a pensarci bene, a parte una “u” e una “s” scambiate di posto. Ad un nuovo livello di comprensione e di coscienza la dualità viene trascesa, gli opposti si fondono, il tutto si riconduce all’unità. In una situazione complessa o di caoticità non possiamo dire ad esempio dove si trova esattamente una gocciolina d’acqua in una nuvola ad un determinato istante: possiamo al massimo identificare una zona, oppure suggerire che passerà lì vicino ad un certo momento, possiamo darne informazioni qualitative con strumenti statistici e probabilistici, ma non andare oltre (v. 2.5 Heisemberg ed indeterminatezza). Ora cambio stanza e vado ad osservare dei pesci tropicali muoversi in un acquario. Dopo un periodo sufficientemente lungo durante il quale li osservo e cerco di imp arare i loro movimenti e le loro traiettorie, finalmente un giorno credo di aver capito le loro dinamiche e prendo una decisione. Mi trasformo con la bacchetta magica in un pesce e decido di entrare nel loro mondo (lascio un amico fuori, Enrico, ad osservare il tutto e controllare la situazione). Entro nell’acquario e cerco di muovermi e spostarmi avanti e indietro, destra e sinistra, disegnando curve irregolari come fanno gli altri pesciolini, forte della mia esperienza e delle mie conoscenze che ho acquisito osservandoli in precedenza. A questo punto succede che i miei nuovi simili cominciano a muoversi in maniera differente, disegnare altre traiettorie, il loro mondo dinamico è cambiato. Mi sento, anzi sono, un fuor-pesce nell’acqua: un pesce solo fisicamente parlando, ma nei movimenti non così fluido e armonico come gli altri. Al mio amico che mi sta guardando al di là del vetro appaio stonato, dissonante, facilmente riconoscibile come un oggetto estraneo. Enrico capisce che ho qualcosa di strano, diverso, mi scopre immediatamente in mezzo agli altri pesci tutti rossi esattamente identici a me esteriormente. Come mai? Mi sto muovendo secondo un mondo precedente, già morto, un mondo nel quale non consideravo la mia presenza (perché in effetti non c’era), ma che ora c’è e va a cambiare inevitabilmente tutte le dinamiche. Le mie traiettorie sono vecchie, obsolete, inadatte, perché non tengono conto di me stesso, del mio agire dentro, della mia retroazione (o feedback).
Suggerisco in qualche modo ad Enrico di studiare ed imparare le nuove traiettorie dei pesci, ora che ci sono dentro, e di comunicarmele. Me le passa ed io subito aggiorno i miei movimenti con le nuove istruzioni. Peggio che peggio. Cambiando traiettorie vado a modificare nuovamente anche quelle degli altri pesci, che continuano perciò a farmi sentire un oggetto estraneo. Ripeto l’operazione più volte, in maniera sempre più veloce, ma ogni volta che modifico i miei movimenti, gli altri pesci fanno altrettanto: non succede mai che il mio amico dal di fuori mi confonda con loro, continuo ad essere ed apparire un fuor-pesce nell’acqua. Finché ad un certo punto, esausto, rinuncio. Smetto di pensare, non voglio più disegnare alcuna traiettoria, non me ne importa più degli altri pesci, di imitarli, di studiarli, di cercare di essere come loro. Mi abbandono all’acqua, completamente, mi lascio trasportare da forze che non mi appartengono, mi lascio andare, la mente nel silenzio, e fluisco liberamente, leggero, nell’acqua. Mi lascio andare all’istinto, all’irrazionale, a ciò che non è spiegabile, e analizzabile scientificamente. Improvvisamente vedo il mio amico che mi chiama, entusiasta, ma non sa indicarmi precisamente, perché sono confuso con gli altri pesci, indistinguibile dagli altri, tutt’uno con loro: come per magia sono diventato un pesce. Il mio amico fa festa, mi dice qualcosa, ma ormai non lo sento più. Finché non diventavo un pesce non ce l’avrei mai fatta, finché mi consideravo separato dal resto, finché usavo la mente razionale, non c’era verso che io riuscissi nell’intento. E’ un po’ come quando imparo una lingua straniera: il salto di qualità lo compio nel momento in cui comincio a pensare nella lingua stessa: finché vado avanti a traduzioni simultanee non sono ancora entrato nell’idioma. Finché sono separato dal resto, dagli altri, dal tutto, finché esisto io e il mondo, sarò sempre solo. L’indeterminatezza di Heisenberg si supera probabilmente smettendo di far lavorare la mente razionale, smettendo di pensare, lasciando spazio all’istinto e alla spontaneità. Riepilogando, nei sistemi caotici esistono molteplici dinamiche di retroazione (il nostro corpo ad esempio ne è pieno) e processi dinamici di apprendimento. Si dice in tal senso che questi modelli sono adattativi, quindi si adattano continuamente, e si modificano in base alle informazioni e agli stimoli dell’ambiente circostante. Questo succede grazie a processi di apprendimento (learning) che rendono ad esempio capace un albero di adattarsi ad un albero vicino: i loro rami si intersecano senza fare lotta l’uno con l’altro. Se usiamo troppo un medicinale il nostro corpo reagisce imparandolo, neutralizzando, fino al punto che non ci fa più effetto. Se assumiamo un antibiotico, però senza costanza, i batteri, i virus lo imparano facilmente, rendendolo inutile, e costringendoci a prendere un antibiotico diverso o più potente. Ciascun nostro nuovo pensiero, azione, gesto, parola, si immette nel calderone del mondo, e ha un suo valore, una sua valenza, una sua importanza: ogni nostro pensiero, azione, gesto, parola cambia il mondo stesso. E così facendo cambia pure noi, perché pure noi siamo il mondo, cosicché, anche se non ce ne rendiamo conto, ad ogni istante il mondo si trasforma, e diventa nuovo, e allo stesso modo ad ogni istante noi ci trasformiamo, cambiamo, e siamo nuovi. Ce ne possiamo rendere conto o meno, ma questo sta ad ognuno di noi.

 

 

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