4.6 ..Verità

 

Chi segue il cammino della verità non inciampa.

Mahatma Gandhi

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La verità è la luce e l'aria pura e trasparente del mattino, è un lenzuolo bianco, è un filo sciolto e libero da nodi e grovigli. Lontani dalla verità la luce si offusca e sbiadisce, lasciando posto poco a poco all'oscurità, l'incontaminato si contamina, l'aria pura si contamina, il lenzuolo si riempie di polvere, si insudicia, si macchia, il filo si riempie di nodi, si aggroviglia, diventa una matassa via via sempre più inestricabile. La verità non va sempre detta: a volte è meglio il silenzio con chi non è in grado di comprenderla, accettarla o accoglierla. La verità è un dono, e nella verità si è nell'amore.
Di là della distinzione tra il vero e il falso, la verità germoglia sui giardini ben preparati, purificati, limpidi, puri. Se sono nella verità non devo temere nulla. La verità viene, giunge nell'anima limpida, pura e chiara, pulita e trasparente, e da essa fuoriesce. La verità entra così continuamente in noi e da noi esce. Se non c’è purezza, se non c'è chiarezza, se permettiamo alla nostra acqua di inquinarsi, intorbidirsi, contaminarsi, la menzogna trova terreno fertile e la verità, pur osservandoci da vicino, se ne sta in silenzio. Nuoteremmo mai noi in un fiume putrido e nero? Ovviamente no, e così allo stesso modo fa la verità. La voglia di nuotare c'è, ma non ci sono le condizioni, quindi resta lì seduta e aspetta che l'acqua che corre diventi più pulita, chiara e trasparente. La menzogna invece è a suo agio nello sporco e nel fiume torbido si tuffa e prolifera. Essa è contagiosa e insudicia ancor di più il fiume e i suoi rami, fino al mare. La verità pure è contagiosa, come quella di un bimbo che sempre la dice suscitando in noi imbarazzo meraviglia e stupore, evidenziando allo stesso tempo i nostri limiti e le nostre miserie. Siamo nell'amore quando abbracciamo ogni giorno, ogni istante, ogni momento la verità. Restando il più possibile nella verità semplice delle nostre parole, dei nostri pensieri, delle nostre azioni, ci prepariamo a ricevere il dono più grande della verità che non dipende da noi. Come un dono giunge e ci spiega il senso della nostra esistenza, il significato della nostra vita, come e cosa fare per essere o restare nell'amore, e altre due - tre cose. Ciò che ci giunge in tale caso non è la verità in persona, non è la verità totale e completa, bensì alcuni suoi frammenti. La verità è una luce straordinaria, immensa e troppo grande per i nostri occhi che diventerebbe ciechi al suo contatto, come quando apriamo il balcone di casa passando improvvisamente dal buio alla luce. Tali frammenti sono perciò legati ciascuno al proprio grado di evoluzione, apprendimento, purezza, semplicità, umiltà, servizio, amore, opere, eccetera. Ciò di cui dobbiamo occuparci è principalmente preparare il terreno, curarlo bene, lavarlo continuamente, purificarlo nel segno della verità semplice e comune. Tutto il resto, venga o no, è un dono, di cui non dobbiamo interessarci, perché la verità non chiede ricompense, chi è nell'amore non guarda al tornaconto. Amore è verità, verità è amore, perché quando la verità non c'è, una relazione tra persone è inquinata in partenza e destinata a finire in malo modo. Eppure la verità non deve essere resa auspicabile solo perché se così non fosse ci sarebbero inevitabili danni. La verità più bella sorge spontanea, senza paura, con coraggio. Alla luce della teoria del caos, della relatività, dei quanti, e di tutte le chiacchierate che abbiamo finora fatto mi sento di aggiungere che la verità scientifica non è la Verità con la V maiuscola. La scienza intravede frammenti di verità, dipendenti dai suoi mezzi limitati (mente e strumenti), e oltretutto procede per approssimazioni, in conseguenza delle misurazioni mai perfette in maniera infinitesimale, e che oltretutto si scontrano con significativi principi, come ad esempio quello d’indeterminatezza di Heisemberg, il teorema di incompletezza Godel ("Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale"), il criterio di falsificabilità di Popper. Bastano semplicemente questi principi, teoremi e criteri per ben argomentare il fatto che la scienza deve farsi un bel bagno di umiltà. Non hanno senso quindi le pretese razionalistiche di una capacità assoluta della ragione di conoscere e di cogliere mediante una certezza assoluta. Gli scienziati sono perfettamente al corrente del fatto che stanno investigando delle proprietà di modelli della realtà, piuttosto che la realtà stessa. Le famose “teorie scientifiche” servono proprio a questo. Un modello diventa teoria quando è dimostrata la sua adattabilità “locale” ad un sottoinsieme di fenomeni oggetto dello studio. Un concetto chiave è l’isomorfismo: due gruppi di oggetti sono isomorfi se esiste una corrispondenza uno-a-uno tra gli oggetti che li compongono. Il termine isomorfo proviene dal greco e significa “stessa forma” o “stessa struttura”. Così, una teoria che dimostri l’esistenza di un isomorfismo tra il modello prodotto e la realtà di riferimento è considerata valida. In teoria del caos si fa infatti ampio uso della topologia e degli isomorfismi, perché ciò che ci interessa sono le proprietà qualitative di un sistema, essendo spesso difficile indagarlo secondo i canoni comuni. Quando tu indaghi sui microvasi per sapere come sta il resto del corpo (ad es. gli organi e le cellule parenchiali), spiegandolo in maniera metaforicamente esemplare con l'esempio di osservare le viuzze del tuo paesino, e di comprendere dagli atteggiamenti e movimenti delle persone, la vita che conducono, fai un bagno di umiltà. Tu dici: non posso conoscere tutto, mi è impossibile, e certe cose non le posso indagare semplicemente. Semplicemente posso però fare un'analisi locale che mi dà informazioni qualitative sul sistema globale. Mi accontento di un'approssimazione locale, ma fortemente indicativa e significativa. Mi accontento di un frammento di verità che è più che sufficiente per la mia indagine. Conoscere tutto è una chimera, conoscere ciò che serve ai miei fini pratici però necessario e sufficiente per una certa diagnosi, una certa prevenzione, una certa cura, nell'ambito delle mie ricerche ed applicazioni. L'abbiamo detto più volte che la teoria del caos è umile, ben conscia dei suoi limiti e delle approssimazioni che fa (del resto si ha a che fare con modelli rappresentativi della realtà, non con la realtà stessa, e questa è già un'approssimazione; e per di più operando con i computer si operano comunque dei troncamenti perché i dati non contengono tutti gli infiniti decimali dei numeri irrazionali), ma il più delle volte, nei vari campi di ricerca ed applicazioni scientifiche, possiamo accontentarci di buone, significative e sensate approssimazioni. Stesso discorso vale per i teorici dei quanti, che si sono arresi all'evidenza e si accontentano di funzioni (onde) di probabilità (intepretazione classica della meccanica quantistica da non confondere con l’interpretazione causale bohmiana, nella quale le traiettorie degli elettroni sono determinate e non casuali). Il primo bagno d'umiltà ce l’ha fatto fare Einstein con la sua teoria della relatività ristretta, cominciando ad aprire gli occhi in chi ventilava fino a quel momento una condivisa "assolutezza". Quando dico "Ci prepariamo a ricevere il dono più grande della verità che non dipende da noi", faccio riferimento a un salto quantico, improvviso, inaspettato, a una realtà non-locale, immediata, come uno schiocco di dita, imprevedibile, inattesa, ben conosciuta dai mistici orientali. E' una verità che ci scende come un dono dal cielo, che non dipende dai nostri studi, dalle nostre ricerche, dalla nostra conoscenza, dai nostri sforzi diretti. E' una verità che esula dalla comprensione della nostra mente limitata, è un qualcosa d’indicibile. Chi la sperimenta in maniera estesa, totale, i cosiddetti illuminati, a fatica riesce a trasmetterla a parole, non ci riesce. Dovrebbe costruire un nuovo linguaggio, perché ogni parola detta col nostro linguaggio sarebbe fraintesa, o compresa dal nostro più basso livello di comprensione e conoscenza. Solo chi fa una tal esperienza può comprenderla. Stessa cosa succede parzialmente con l’“insight”, l’ispirazione, il dono che di tanto in tanto la Coscienza [v. 2.1 e ss.] fa ai poeti, agli inventori, a qualche scienziato. Noi intanto continuiamo a preparare il terreno, ma senza l'ambizione di diventare illuminati, perché ambizione equivale a desiderio di diventare di più di quel che siamo (in questo quindi sono in disaccordo con gli yogin che mirano all'illuminazione), e ci può far perdere facilmente il contatto con la semplicità e l'umiltà (il potere e la troppa luce possono infatti accecare, ecco perché il dono della Verità scende solo su coloro che hanno preparato bene il terreno, che sono completamente nell'amore, sotto tutti i punti di vista e di cui sto chiacchierando con te in questi giorni, e che riescano a stare con i piedi per terra in tutta semplicità ed umiltà nonostante i grandi doni ricevuti; uno di questi era sicuramente San Francesco). La Verità quindi può essere pericolosa, e il fuoco della Verità può bruciarci all'istante, tale è il suo splendore e la sua folgore: giunge perciò raramente, sui corpi e sulle menti pronti ed idonei a sopravvivere, nell'Amore, con essa.


S: Condivido tutto quanto scrivi. In realtà, nei nostri limiti del conoscere, una volta da noi riconosciuti, scorgiamo scintille per avviare fuochi sempre più splendenti ed illuminanti. Dalla crisi delle varie scienze è sorto il loro progresso. Se noi potessimo conoscere la Verità nel luogo dove ci troviamo (matrice spazio/tempo quadrimensionale con 3 DS e 1 DT), finirebbe il progresso e il nostro compito.

 

 

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